Savino Del Bene Scandicci
22/11/2024
Sulla strada per Roma
Conclusa una settimana da sogno con tre successi in altrettanti match tra campionato e Champions League, la Savino Del Bene Volley, finalmente priv...
LeggiIl 2020 volge finalmente al termine. Un anno complesso sotto tutti i punti di vista che si chiude però con un risultato incoraggiante. L’Acqua & Sapone Roma Volley Club è in testa alla classifica provvisoria di serie A2.
Nell’attesa del ritorno in campo, abbiamo dato la parola a Barbara Rossi, Direttore Sportivo delle Wolves, per parlare degli aspetti che costituiscono la vera forza di un progetto sportivo di alto livello e del percorso necessario per provare a raggiungerlo.
Terzo anno a Roma per provare a costruire in veste di Direttore Sportivo una squadra vincente. A che punto siamo?
La domanda mi fa immaginare subito una bacchetta magica… E’ vero, ci vuole anche un pizzico di magia nelle grandi imprese, ma credo di più nella concretezza di ciò che si fa nella quotidianità affinché quella magia possa avvenire!
Ancor prima della squadra, ad esser vincente deve essere il contesto in cui si sviluppa un progetto. Si parte dalle fondamenta, l’ambiente e gli stimoli che muovono i protagonisti nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’individuazione dei loro valori comuni e di una personale impostazione mentale, di vita, prima che sportiva. Tutti tasselli fondamentali per definire il “chi siamo”, il “dove siamo” e il “chi vogliamo essere”. Ci deve essere sempre un forte atto di volontà per realizzare azioni che devono avere una finalità e che non possono dipendere dalla casualità.
Risulta perciò difficile fornire una definizione generale, o ancor meglio, assoluta di come si costruisca una squadra vincente. Se fosse una formula, lo sarebbero tutte le squadre e in tutte le stagioni.
Ogni realtà ha il suo percorso, le sue peculiarità, ma sicuramente il sistema e la struttura che si costruiscono intorno al lavoro dello staff e della squadra incidono notevolmente.
La realtà dell’Acqua & Sapone Roma Volley Club è una realtà dinamica, le variabili che sono cambiate in questi tre anni sono un po’ la risultante di una complessità necessaria e funzionale all’idea originaria e al percorso che si vuole costruire. Fondamentale è la capacità di adattamento e l’avere dirigenti che continuano a spingere verso la direzione che si vuole raggiungere.
Qual è quindi il segreto del lavoro di squadra dentro e fuori il rettangolo di gioco?
Ho sempre visto la costruzione di un progetto come un “mosaico”, ogni tessera del mosaico deve essere creata e inserita al posto giusto affinché l’immagine finale sia la rappresentazione visiva della realizzazione dei nostri intenti. Più saremo bravi a muoverci con coerenza, metodicità e sistematicità, maggiore possibilità avremo di vedere l’opera completa e soddisfacente.
Cosa serve per comporre il mosaico?
Una parte fondamentale è la struttura economico-finanziaria, perché si sa che senza risorse non si può sostenere un processo di qualità, mi riferisco alle qualità professionali dei tecnici, al valore delle atlete, a tutto ciò che deve essere messo a loro disposizione per un lavoro quotidiano di eccellenza, ma anche a tutte le componenti che interagiscono nell’ambiente societario.
La seconda componente per me imprescindibile è il principio di condivisione di quelli che possono essere i movimenti che la società fa. E’ importante che tutte le persone che fanno parte del gruppo si sentano, non solo partecipi attraverso il loro ruolo e identificate nel progetto, ma anche capaci di accettare le scelte societarie. Serve fiducia in chi è preposto a farle, anche quando non si comprendono, perché ci si sente sicuri che vengano prese nel necessario processo che porta al raggiungimento dell’obiettivo comune. Per me l’obiettivo è al di sopra di ogni personalistico tornaconto e di ogni interesse accessorio, si lavora per raggiungerlo, per questo è necessario riuscire ad incanalare le capacità di ognuno, essere parti sintoniche che si completano e insieme spingono, come una squadra, dentro e fuori dal campo.
Tutte le componenti, da quella dirigenziale, manageriale, comunicativa, tecnica, sanitaria, sportiva insieme costituiscono gli affluenti di un grande fiume che si va a riempire, con l’obiettivo di scorrere con la maggiore potenza possibile. Se gli affluenti non apportano sincronicamente, il fiume rischia di svuotarsi o sovraccaricarsi, perdendo costanza di flusso e forza.
Che cosa serve a una società per giocarsi e meritarsi l’A1?
Lavorare sull’eccellenza, vedere l’alto livello come un movimento che alza l’asticella su tutto, aspetto economico-finanziario, tecnico, comunicativo, sportivo, di costruzione di squadra e di staff, impiantistica e ovviamente sentirsi ed essere pronti per fare quel salto.
Ma anche facendo tutto in maniera impeccabile non è detto che poi le cose vengano nonostante averne fatto merito. Ci sono tante altre squadre che da anni lavorano bene e fanno le cose come devono essere fatte senza però avere ancora raggiunto i risultati cercati e, direi, meritati.
Penso che accanto alla visione imprenditoriale ci debba essere quella passione che “tutto muove”,
le persone devono avere ogni giorno lo sguardo sull’obbiettivo e il coraggio di osare, perché è questo che non ti fa fermare davanti agli ostacoli. Una visione vincente è in grado di modulare e forgiare i dettagli, i momenti e le situazioni per portare tutte le persone a sentirsi dentro quel fuoco e quell’anima che ci deve essere per arrivare a destinazione.
Roma è una città che ha dimostrato di amare il volley e di avere una grande base di praticanti. Crede che le Wolves potranno riaccendere l’entusiasmo della Capitale?
Io ho vissuto e vivo la storia di Roma a livello pallavolistico, e non solo, con i racconti delle persone che quella storia l’hanno vissuta sulla propria pelle e quello che mi trasmettono risuona famigliare in me perché sono emozioni che ho conosciuto, anche se in un altro ambiente. Un fattore che personalmente mi motiva molto nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.
L’alto numero di tesserati Fipav dissipa ogni dubbio sul fatto che la disciplina sia molto sentita e che ci sia la volontà da parte di tutti di tornare a viverla come un tempo. Roma ha vissuto il grande volley giocato e ha fame di tornare a viverlo in prima persona, da protagonista. Questo è un sentimento che accomuna tutti noi della Roma Volley Club agli appassionati romani. Le nostre Wolves potranno indubbiamente riaccendere questo entusiasmo, e in parte lo hanno già fatto con i risultati ottenuti fino ad ora.
Quando il pubblico potrà tornare ad assistere alle partite, sarà importantissimo il contributo della città, ovvero le parti che giocano ruoli chiave come le istituzioni, gli organi federali e le società sportive del territorio che auspichiamo parteciperanno attivamente per amplificare l’entusiasmo, per tornare a farlo scorrere nelle vie di quella che è la capitale d’Italia, una città di storia e cultura unica, con una densità di popolazione altissima che merita il massimo palcoscenico.
Come valuta il gioco espresso fino ad ora e il primo posto nella classifica provvisoria?
Essere in palestra quasi tutti i giorni mi permette di vedere il quotidiano lavoro tecnico, devo dire che per quanto il gioco che esprimiamo la domenica sia di grande valore, ho visto in diversi allenamenti un livello ed una intensità non ancora visti in partita.
Sono ovviamente di parte, ma il percorso che sta facendo la squadra è ottimo, e non parlo solo dei risultati, ma anche degli aspetti di crescita tecnica delle nostre atlete. Per quanto riguarda il primo posto, è un ottimo dispensatore di serotonina ed endorfine per il percorso che dobbiamo ancora fare. (sorride)