Se vincere un’Olimpiade e’ difficile, immaginate quanto possa esserlo vincerne due consecutivamente. Ci e’ riuscito il Brasile di Ze’ Roberto, quello del ciclo chiuso, quello di Paola Pequeno in panchina ma di Jaqueline protagonista assoluta.
Gli Stati Uniti, oggi come a Pechino, hanno provato a sbarrare la strada alle verdeoro che nel primo set sembravano strette nella morsa della tensione. Hooker e compagne si sono lasciate influenzare da un parziale a senso unico a loro favore in cui l’unica che sembrava avere le idee chiare era Jaqueline. E’ dal 1996 che vedo questa squadra lottare in tutte le competizioni e molto spesso avere la meglio. Mi chiedo come sia possibile un ricambio generazionale costante che consente loro di essere sempre li’, sul tetto del mondo.
Se poi guardo il secondo, terzo e quarto set della finale di ieri capisco che a volte, più che il fisico, ci vuole il cuore. Perché ieri dall’altra parte della rete c’era una squadra, gli Stati Uniti, che fisicamente e tecnicamente hanno dimostrato di essere molto spesso superiori a chiunque. Ma ieri non e’ bastato. Complice la prestazione opaca della Berg, che nel corso del match si e’ lasciata sfuggire le redini del gioco, le ragazze di Hugh McCutcheon hanno perso via via la loro determinazione lasciando spazio alla paura di osare, di avere coraggio.
Il coraggio che ha dato la forza al Brasile di rialzarsi dopo un pugno in faccia che avrebbe steso chiunque. Non e’ stata una partita semplice ma la voglia di appendersi al collo la medaglia d’oro e’ stata piu forte di qualsiasi attacco di Destinee Hooker. Una partita emozionante in cui ho visto dettagli che fanno la differenza. A partire dagli attacchi di Jaqueline seguiti da un dito puntato al cielo quasi ad invocare l’aiuto di qualcuno dall’alto, alla gola secca di Ze’ Roberto, inquadrato durante alcuni scambi, per finire ai salti di gioia del libero Fabi che si aggrappava al collo delle compagne come fa un bambino quando vede i suoi genitori.
La grinta, la cattiveria, la disperazione… tutte componenti che fanno di una grande squadra, una squadra imbattibile. Agli Stati Uniti posso attribuire il merito di averle studiate, di essersi applicate, di averci provato… ma, come al solito, tutto questo non basta.
Consuelo