E’ stata la prima a sperimentare le restrizioni, la zona rossa, le mascherine, la paura del Covid arrivato in Italia da poco. Lei nella sua Codogno l’ha vissuto prima di tutti noi questo incubo. Ecco perchè oggi, a tre anni esatti dal primo caso in Italia dell’infezione che ha causato migliaia di morti, molti colleghi hanno chiesto alla nostra società di poter avere la testimonianza di Cecilia Nicolini, la palleggiatrice Tecnoteam, lei che è proprio di Codogno e che ha vissuto per prima un incubo chiamato Covid.
Oggi Cecilia ha ricordato dalle pagine social del Cs Alba – Tecnoteam Albese Volley Como cosa è successo in quel 21 febbraio 2020, tre anni fa esatti….
Io giocavo ad Offanengo in B1 e vivevo a casa mia a Codogno che dista quasi mezz’ora di auto. Ricordo che quel giorno, quando è uscita la notizia del paziente uno nel mio paese, ero in auto diretta all’allenamento in palestra. Al parcheggio ho ricevuto la telefonata del mio Ds che, a sua volta, era stato contattato dal sindaco di Offanengo con l’invito a non farmi entrare in palestra. E’ stato uno choc, le mie compagne erano a fare il video per la gara della domenica ed io mi sono messa fuori dalla porta ad ascoltare. Speravo che la cosa si risolvesse nel giro di qualche ora, giorno al massimo. Invece no: da lì è iniziato il delirio.
Poi sono iniziate le settimane di zona rossa, i nostri paesini erano bloccati, non riuscivo a capire perchè le limitazioni riguardavano inizialmente solo noi e non altri. Ovviamente non ho potuto allenarmi in quelle settimane, non potevo avere contatti con le compagne e non potevo uscire da Codogno. Ricordo anche che un giorno (foto qui sotto) ho chiesto a due di loro di venire a portarmi un pallone per poter fare qualcosa a casa: la foto mi ritrae lontana da loro con il pallone in mano, che mi avevano passato dalla linea di stop. Si vede anche il camion dei militari che bloccavano accessi ed uscite da Codogno. Loro due sono le mie ex compagne di squadra ad Offanengo, Alice Giampietri (destra) e Noemi Porzio (sinistra): mi hanno portato il pallone una sera ed abbiamo scattato questa foto che ancora conservo.
Aggiungo anche che mio papà lavorava in Protezione Civile e quindi usciva di casa spesso ed era a contatto con le persone: ero in forte apprensione per lui. Poi la cosa si è estesa a tutta l’Italia e il resto lo sappiamo tutti bene. Adesso mi sto rendendo conto che sono già passati tre anni esatti: sono contenta che ne siamo usciti e dal punto di vista pallavolistico è un sospiro di sollievo vedere di nuovo i palazzetti pieni dopo limitazioni e restrizioni. Non potersi allenare quando eri positivo, limiti vari, sono stati anni duri, fare spesso i tamponi. Si, stagioni difficili, credetemi. Ora è bello vedere i tifosi al palazzetto senza le mascherine. Ma ogni tanto, come oggi visto che me lo avete chiesto, vado con la mente a quel febbraio di tre anni fa. Il pallone lanciato dalle mie compagne, la zona rossa, le mascherine, la paura per i miei cari…..Un vero incubo.
Nelle foto Cecilia con le ex compagne di Offanengo tre anni fa al limite della zona rossa