LIU•JO Volley Carpi: Mai…Sazzi di vittorie nel Tempo
Autore: Lega Volley Femminile
25 Febbraio 2010


Augusto Sazzi, 1° allenatore della LIU•JO Volley Carpi, è al suo 4° anno nella Società del Presidente Rino Astarita e del figlio Davide Astarita, il giovane direttore sportivo, con i quali ha instaurato un rapporto lavorativo e professionale ma anche un rapporto “familiare”.

Per lui la pallavolo è più di un lavoro, è prima di tutto una grande passione, alla quale si dedica anima e corpo: le sue giornate passano in palestra e quando non è lì è sicuramente davanti a un video a studiare le avversarie.

Responsabile tecnico del settore giovanile e della serie A2, è capace di insegnare la pallavolo e di trasmettere anche alle “sue piccole atlete” quella meravigliosa voglia di giocare e di divertirsi. Questo lo capiamo quando ogni domenica, alla fine degli incontri della “prima squadra”, lo vediamo circondato da tante giovani atlete che gli manifestano il loro entusiasmo, insieme a quello per atlete affermate con le quali ogni giorno lavora per realizzare uno splendido sogno chiamato serie A1.

Domanda d’obbligo, raccontaci un po’ di te, quando hai iniziato ad allenare? Perché? un breve curriculum della tua vita, insomma

Ho iniziato perché un dirigente, che incontro ancora in giro per Reggio Emilia, sosteneva che sarebbe stato il mio futuro lavoro. Non so ancora oggi se aveva ragione. Avevo 19 anni, facevo l’aiuto in B e il secondo in serie C poi passo dopo passo ho fatto quasi tutte le categorie nei 24 successivi anni. Non ho più fatto il secondo allenatore dopo e questo mi manca molto.

Qual è il giusto rapporto da tenere nello spogliatoio e fuori nei confronti delle giocatrici?

Dipende dalle persone, con alcune giocatrici non c’è bisogno di avere altro che un buon rapporto professionale, con altre se non instauri anche un buon rapporto umano non ottieni il massimo rendimento. Certo la cosa fondamentale è il rispetto reciproco, quello non deve mai mancare.

È importante che nel gruppo le giocatrici individuino una persona, non per forza una leader, quale punto di riferimento?

Le dinamiche di interazione degli individui nei gruppi sono molto complesse, quello che si definisce il punto di riferimento è di solito una figura che gode di buona autorevolezza, fa comodo averla ma poi si dipende da questa figura nel bene e nel male. I gruppi di lavoro al femminile hanno a volte dinamiche ancora più complicate, e questa è una delle sfide più belle del mio lavoro.

C’è nella LIU•JO Volley Carpi questa persona di riferimento o leader?

Ci sono tante persone di grande valore ed ognuna di loro è leader di un settore, non uno di questi è più o meno importante degli altri. Credo che il sentirsi tutte e tutti in parte protagonisti e leader sia il segreto di un grande sentimento di appartenenza.

Questo per te è il 4° anno a Carpi nella società del Presidente Rino Astarita, un rapporto sicuramente lavorativo, ma anche …

Totale, a Rino e a suo figlio Davide devo tantissimo. Se oggi ho potuto vivere queste magnifiche esperienze lavorative è perché Rino me lo ha chiesto e perché mi ha aiutato a crescere come allenatore e come uomo. Mi ricordo ancora la prima volta che ci incontrammo in un bar e Rino prima ancora di sederci mi disse: noi insieme andremo sicuramente in serie A! Lo presi per matto, ma alla fine ha avuto ragione lui.

Primo anno di esperienza in serie A2, le difficoltà e le diversità di gioco rispetto alla B1. E le emozioni?

Il livello è chiaramente più alto, la differenza maggiore si apprezza sulla prestanza fisica delle atlete e sulla velocità della palla. Tutte le formazioni sono competitive e ogni momento di ogni gara può risultare decisivo per l’esito finale, questo fa aumentare l’attenzione e quando le cose vanno bene la soddisfazione, perché significa che la tua squadra è stata in grado di cogliere quell’attimo e trasformarlo in vantaggio determinante.

Il ricordo più bello della tua carriera da allenatore, e quello più brutto

In realtà sono due quelli begli. Il primo è legato ad una partita contro Carnago allenavo una palleggiatrice che litigava con la palla e in quel match tutta la squadra giocò per lei. Vincemmo e lei giocò una grande stagione poi, migliorando gara dopo gara. L’altro è la splendida vittoria a Santa Croce lo scorso anno, fu come liberare un elefante inferocito! I ricordi brutti li dimentico al primo allenamento!

Qual è secondo te la cosa più difficile e quella più gratificante nell’allenare?

Difficile è avere sempre le soluzioni giuste e il gratificante è cercarle (e, meglio, trovarle) in ogni momento

Perché hai scelto di allenare le donne piuttosto che gli uomini?

Ho come quasi tutti una mamma, una sorella, una moglie, due figlie femmine, suocera e cognate, tutte femmine, nipoti solo femmine. Dei parenti maschi si sono ormai perse le tracce, chissà sarà un caso ma per me lavorare con le donne è molto naturale.

Cosa ti aspetti da quest’anno?

Di imparare tanto, da ogni momento vissuto e sudato bello o brutto che sia.

Un allenatore ha le stesse tensioni e agitazioni di una giocatrice, prima di una partita?

Non credo si possa generalizzare, le mie sono profondamente diverse da quando giocavo. La tensione ci vuole sempre, il “trucco” sta nel trasformarla in positiva e non il contrario.

Un pregio e un difetto di Augusto Sazzi

Vinco e perdo!

Un consiglio a chi “da grande” vuole fare l’allenatore

E’ un lavoro meraviglioso, ma al contempo terribile. A me piace farlo come faccio a non consigliarlo, sono di parte! Ma consigli specifici è difficile darli, dipendono da tanti fattori e da altrettante situazioni, per le quali consiglio di seguire il proprio istinto ma guardando anche gli altri per capire quello che fanno in casi analoghi e confrontarlo, prima di decidere, con quello che si farebbe di testa propria.

Un sogno di Augusto nella “vita volley” e nella “vita normale”

Per il volley arrivare in A1 con Carpi, per la vita beh mi vergogno a chiedere delle cose, spero di arrivare in fondo avendo aiutato qualcuno.

Gino Coloni (redattore Tempo)

Visualizza sponsor