PinetaGuru Ravenna: match amarcord con Reggio Emilia. Patrizia Prati racconta le sfide anni '80
Autore: Lega Volley Femminile
15 Gennaio 2004


Si gioca domenica sera, la gara del massimo campionato femminile di volley fra la Pallavolo Reggio Emilia e la Teodora Pineta Guru di Ravenna.
La rivalità fra queste due società caratterizzò tutti gli Anni Ottanta. Assolutamente sbilanciato il computo dei titoli, visto che le romagnole si imposero in 11 campionati italiani consecutivi (dall’80/81 al ‘90/91), lasciando alle avversarie solo le briciole (qualche Coppa Italia) e l’amarezza di parecchi titoli sfuggiti al fotofinish.
Ne parliamo con Patrizia Prati, che fu fulgida protagonista di quell’epopea, conquistando, con la maglia giallorossa numero tre, tutti gli 11 scudetti di quel ciclo. Un record, tuttora ineguagliato, condiviso con le compagne Manuela Benelli e Liliana Bernardi e con l’allenatore Sergio Guerra.

“Inizialmente – ricorda Patrizia, oggi inserita nello staff tecnico del settore giovanile Teodora – la rivalità era sentita soprattutto da noi, visto che loro erano lo squadrone affermato e noi la sorpresa che si affacciava alla scena con irriverenza, come successe nella Coppa Italia del 1980 dove le eliminammo ai primi turni”.“Poi prendemmo il sopravvento, diventando la squadra da battere. Loro erano sempre le avversarie più temute, costruivano squadroni sempre più attrezzati (dove finirono anche due ex Teodora come Bigiarini e Flamigni), ma non riuscirono mai a strapparci il titolo italiano. Uno dei ricordi più belli è legato alla conquista del terzo scudetto: il campionato era finito a pari punti, anche se avevamo vinto tutti e due gli scontri diretti. Si rese necessario uno spareggio che si giocò a Bologna, davanti a 5000 spettatori e che vincemmo per 3-1 dopo aver perso il primo set”. “Era una rivalità vera e sentita, perché a quei tempi si giocava solo per la soddisfazione di vincere; non c’erano stimoli economici, né vetrine televisive; era solo la sfida fra due città, due gruppi, due tifoserie, due dirigenze, due scuole tecniche. Non c’era il fair play che c’è ora. Un allenatore di Reggio Emilia, Federzoni, dava le nostre fisionomie alle sagome che si usavano in allenamento per renderle più realistiche. Il passaggio alle rivali di un’atleta della Teodora, Beatrice Bigiarini, venne digerito con grande fatica dal nostro ambiente; all’epoca si parlò di tradimento… Anche in Nazionale, fra i due gruppi, ci si… sopportava”.
“Credo che, sia nella nostra squadra, sia nella loro, ci fossero personalità forti, battagliere, rognose… bastarde. Allora lo sport veniva interpretato così, soprattutto con tigna e con orgoglio. Nascevano sfide verbali sottorete che si protraevano da una partita all’altra”.
La Teodora vinse “direttamente” a Reggio Emilia gli scudetti numero cinque (3-0 e 3-2 nelle due gare di finale play off) e dieci, quest’ultimo particolarmente atteso perché fruttò la stella che tuttora compare sulle maglie delle atlete ravennati e che, da quest’anno, caratterizza l’accattivante marchio Teo.
“Di quella finale mi ricordo poco – prosegue Patrizia in riferimento alla gara della stella del 1990 – noi eravamo verso la fine del nostro ciclo e le cose stavano cambiando radicalmente. Ma è la testimonianza che Reggio Emilia, dopo tanti anni, non aveva mollato, ed era ancora lì a sfidarci”.

“Inutile dire che in questi anni è cambiato tutto: atlete, società, modo di intendere lo sport, tifoserie… Ravenna e Reggio Emilia mancano da un bel po’ dalle zone di vertice. La nostra squadra la seguo spesso: ha un buon sestetto base, anche se necessiterebbe di qualche cambio all’altezza. Mi hanno parlato bene di Fiorin e credo che debba ancora esprimere il suo potenziale”.

Domenica, quindi, sarà ancora ReggioEmilia-Ravenna. Ci sarà una bella fetta di salvezza in palio. E ci sarà ancora Patrizia Prati, non più nel rettangolo di gioco, ma “nel suo spigolo di tribuna” da cui vedere questa storica sfida sotto un’altra luce.

Testo raccolto da Marco Ortolani.

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