Ritratto di Signora
Autore: Lega Volley Femminile
30 Dicembre 2004



 

 

 

“Non penso alla mia carta di identità – racconta Rachele – Penso a quanto devo ancora fare. È vero, ogni tanto a chi mi chiede l’età, mi viene da rispondere con un numero più basso di quello che in realtà è, ma non è voglia di togliersi gli anni: è la sensazione di dover ancora progredire moltissimo, di dover crescere come giocatrice. Fin da molto giovane mi hanno sempre detto che un palleggiatore matura pienamente più tardi rispetto ad altri ruoli. Ma adesso, a 24 anni, ci siamo, no? E io sento di dover muovere ancora molti passi, non soltanto tecnicamente, ma anche psicologicamente, sul piano della gestione della squadra e dei suoi momenti. La voglia ce l’ho, spero di averne le capacità”.

 

Intanto, la Rachele Sangiuliano di oggi ha tenuto la cabina di regia della Infotel Europa Systems Forlì fino alla conquista dei play-off. Valutazione della stagione?
“Positiva. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della seconda fase, togliendoci anche qualche soddisfazione, soprattutto nella parte iniziale dell'annata quanto abbiamo anche approfittato di alcuni periodi di assestamento di altre formazioni, magari composte da giocatrici che tornavano dalle Olimpiadi. Poi, c’è mancata un po’ di continuità: penso ad esempio al passaggio del girone di ritorno con 6 partite senza un punto… Se qualcosa in più potevamo farlo, anche per guadagnare una miglior posizione di classifica in vista dei play-off, era in quel momento”.

 


 

È stato più difficile centrare i play-off oppure entrare nelle semifinali?
“Visto l’accoppiamento con Perugia che ci era  toccato al primo turno, potrei proprio dire superare i quarti. Ma è anche vero che i due fatti sono strettamente collegati: una miglior stagione regolare aiuta nei play-off consegnandoti una posizione di ingresso più favorevole”.

 

A che punto è il tuo rapporto con la Nazionale?
“Gli ultimi contatti risalgono all’anno scorso, quando mi è stato comunicato che non rientravo nelle 18 del gruppo. Se sento il rapporto come finito o interrotto? Se lo chiedi a me, ti rispondo soltanto interrotto, perché la Nazionale è sempre il sogno. Ma altri potrebbero dare risposte diverse. Comunque, attualmente non vivo la situazione come un dramma: certo, l’anno scorso è stato più difficile. Diciamo che, con l’estate libera, mi darò al beach volley”.

 

Al beach volley?
“Sì! Per divertimento soprattutto, ma anche perché stare fermi un’intera estate è impossibile e giocare sulla sabbia ti aiuta molto anche per la stagione indoor. Vorrei partecipare ad alcune tappe di campionato italiano con Michela Spazzoli, che è prima di tutto una mia grande amica e saprà sopportarmi quando sbaglierò qualcosa… E, giocando da libero, supplirà alle mie carenze difensive…”.

 

A che età hai iniziato a giocare a pallavolo?
“A 9-10 anni a Noventa di Piave dove sono nata, con la classica trafila dei primi passi. Prima nuotavo, perché fin da quando ero all’asilo, i miei genitori hanno insistito perché imparassi. Ho fatto anche delle gare: il dorso era la mia disciplina preferita, mentre nei misti ero proprio negata. Poi ho visto “Mila & Shiro” ed è sbocciato l’amore per la pallavolo”.

 

Un’altra atleta folgorata dai cartoni animati…
“Sì. E devo dire che l’approccio iniziale con la palestra può riservare anche qualche delusione! Tu arrivi con negli occhi le immagini di azioni mirabolanti e, invece, ti tocca la palla rilanciata…”.

 

Quando sei diventata una palleggiatrice?
“Il primo campionato da alzatrice unica è stato quello del 1999-2000 in A2 a San Donà. Prima, ho giocato parecchie stagioni con un 4-2 alla cubana in cui dovevo anche attaccare e ricevere”.

 

Un ottimo background per cimentarsi con il beach volley!
“Già, peccato che si parli di 5-6 anni fa… Comunque, attaccare mi piaceva moltissimo: oggi ho ormai messo via il pensiero, ma ai tempi questa formula ci ha portato anche degli ottimi risultati, come uno scudetto ed un secondo posto nazionale Under 18”.

 

Tu sei il prototipo della palleggiatrice alta: il tuo modo di palleggiare è sempre stato lo stesso, oppure hai attraversato stagioni in cui il parametro fisico non era così spiccato?
“Io ho raggiunto la mia altezza attuale molto presto, dunque alcuni accorgimenti tecnici tipo la ricerca dell’alzata in sospensione e il palleggio a braccia alte sono sempre stati presenti. In seguito, sono venuti dei piccoli adattamenti, derivati dalla visione di ciascun allenatore, ma si tratta di particolari, come può essere la posizione dei pollici”.

 

Quali sono stati gli allenatori che hanno inciso maggiormente sulla tua carriera?
“Ogni allenatore con cui uno va in palestra dà qualcosa di importante: bisogna essere aperti e saperlo prendere. Io ho avuto la fortuna di avere Giuseppe Giannetti dai 14 anni per 7 stagioni e molto di quello che sono l’ha strutturato lui. Soprattutto, mi ha definitivamente messo l’idea di una pallavolo che andasse oltre i tre allenamenti alla settimana più la partita: con lui si restava in palestra tutti i giorni, anche più di 3 ore, anche oltre il termine se rimaneva qualcosa da provare. Con Pedullà, qualche anno dopo, mi è sembrato di riapprezzare molte delle caratteristiche di Giannetti, soprattutto per la concezione del lavoro. E con Morolli, quest’anno, ho ritrovato il piacere di giocare e di divertirmi, non soltanto di allenarmi da professionista, che la scorsa stagione avevo un po’ perso”.

 

Pregi e difetti di Rachele Sangiuliano. Partiamo dal fisico.
“Non mi piacciono le mie orecchie! E tutti dicono che ho un bel sorriso, dunque lo dico anch’io”.

 

Il carattere.
“In senso positivo, sono testarda: nel lavoro che faccio, è bene non arrendersi mai. Il difetto è che, un po’ come tutte le donne, tendo ad essere troppo permalosa. Anche se è un lato che va necessariamente smussato per vivere bene all’interno di un gruppo”.

 

La tecnica.
“Sono lenta, vorrei essere più reattiva, non soltanto negli spostamenti per il palleggio, ma in generale, soprattutto per la difesa. Una qualità è il mio muro. Il palleggio? Lo lascio in stand-by, perché ho esordito riconoscendo di dover maturare molto e il mio fondamentale principale lo subordino a quello”.

 


 

Esiste l’amicizia vera nella pallavolo? Hai più amici all’intero o all’esterno del tuo ambiente?
“Sì, esiste. Te ne accorgi soprattutto quando devi cambiare squadra e città: quando continui a sentire di frequente qualcuno con cui non sei più a contatto diretto, vuol dire che il rapporto si è approfondito. Penso a Michela Spazzoli, con cui ho giocato un solo anno nella stessa formazione, ad Alessandra Zambelli, a Daria Parenti, che è stata la mia prima compagna di casa. O anche a Darina Mifkova e Kinga Maculevicz, mie compagne quest’anno. In prima persona, non mi sono mai spostata molto, più che altro ho cambiato colleghe. Ma con le amiche, facciamo ritrovi e rimpatriate ogni estate a Marina di Ravenna. Fuori dalla pallavolo, i rapporti più profondi che ho sono con alcuni ragazzi”.

 

Che cosa fai nel tempo libero?
“È brutto da dire così, ma studio! Ho scelto di continuare con l’Università, facoltà di Scienze Politiche. Vorrei essere più veloce, anche perché ogni volta che arriva la rata delle tasse da pagare la cifra è davvero alta… Ma, non riuscendo a sostenere tantissimi esami all’anno, cerco di darne un numero ragionevole preparandoli al meglio. A volte studiare è un peso, come adesso che l’adrenalina del campionato è scesa e ci si sente un po’ scariche. Altre volte, è un aiuto per staccare quando la pallavolo non va così bene”.

 

Per una serata, pub o discoteca?
“Sicuramente il pub. Non amo molto la discoteca, caso mai, d’estate, qualche festa in spiaggia, ma andare a rinchiudermi dentro è qualcosa che lascio a occasioni sporadiche”.

 

Hai manie nello shopping?
“Diciamo che è un’ottima risorsa: quando sono allegra, mi faccio un regalo e mi compro qualcosa; quando sono giù, mi risollevo con un po’ di shopping… Scarpe più d’estate, perché posso sfruttarle maggiormente, visto che d’inverno esco molto di rado. Con il mio 41 non sempre trovo esattamente tutto ciò che voglio, ma diciamo che con 182 centimetri poteva anche andarmi molto peggio in quanto a lunghezza del piede! Per i vestiti, mi capita di accumulare capi nell’armadio e, magari, a volte dimenticarmene e ricomprarne di doppi: dovrei dare una bella rimescolata all’armadio!”.

 

Abbigliamento preferito?
“Datemi un paio di infradito e sono felice! Se potessi, andrei in giro a piedi nudi… Per il resto, dipende dalle occasioni, ma sempre piuttosto sportiva e casual. Tranne quando capita la volta più… “tirata”“.

 

Rachele Sangiuliano in pillole: letture.
“A parte i libri di scuola, il mio autore preferito è Wilbur Smith: racconta i paesaggi e ti ci fa stare dentro. Mi piace comunque spaziare molto: Coelho, Dan Brown che ora va per la maggiore con il “Codice Da Vinci” e “Angeli e Demoni”“.

 

Musica.
“Di tutto. Prima delle partite ho una specifica canzone brasiliana che ascolto sempre: quel tipo di musica, fatta di ritmo ed allegria mi piace molto”.

 

Cinema.
“Lo amo moltissimo, a parte i thriller troppo violenti e gli horror, perché sono convinta che per alcune cose sia già sufficiente guardare un telegiornale, purtroppo con la differenza che lì non si tratta di finzione. L’ultimo film che ho visto è “La febbre” con Fabio Volo, che come personaggio mi piace molto, anche in radio”.

 

Politica.
“Preferisco non parlarne, perché sono convinta che per trattarne bisogna essere competenti e io, non essendolo ancora, evito”.

 

Giornali.
“Non lo compro regolarmente. E, in generale, li leggo dal fondo, vedi Gazzetta dello Sport”.

 

Internet.
“Lo uso molto. MSN per parlare con gli amici, qualche sito ad argomento pallavolistico, ma principalmente altro. Il sito a me dedicato (www.rachelesangiuliano.net, ndr)? È molto carino, curato da un ragazzo di Novara molto bravo ed appassionato. Riconosco che potrei farmi viva di più, ogni tanto latito: ma è soprattutto pigrizia, capita che passi 2-3 ore di fronte al computer, poi non lo accenda per giorni. Vale anche per la posta elettronica: per le risposte, ci vuole un po’ di pazienza!”.

 

Sei scaramantica?
“Moltissimo. Ho tutta una serie di rituali pre-partita, tipo tentare di compiere gli stessi gesti o mangiare le stesse cose. Indosso la stessa biancheria intima, che cerco di lavare ogni volta e manterrò finché non si consuma! Magari con qualche capo al contrario, per allontanare la sfiga. E porto sempre un leoncino di peluche che ruggisce nella borsa. A volte mi dico che dovrei smettere con tutte queste storie, ma poi mi blocco: se la volta che interrompo coincidesse con una sconfitta? Anche se, in fondo, sono convinta che l’unica fattore di influenza negativa in una partita è giocare male”.

 

Pensi mai al dopo volley?
“Ogni tanto, ma come ad una cosa ancora molto lontana. È il motivo per cui ho voluto continuare a studiare. A volte mi capita di confrontarmi con i miei amici che si alzano alle 7 per andare in ufficio, hanno l’ora canonica di pausa pranzo e mi chiedo se io, che non ho mai lavorato, sarei in grado di affrontare alcune cose. Ma, ripeto, vedo il futuro dopo la pallavolo come lontano, anche in relazione al formare una famiglia: è ovvio che il pensiero ci sia, come ogni ragazza sa, ma mi vedo con un figlio soltanto quando avrò smesso di giocare”.

 

 

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